Un giorno di sciopero per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro giornalistico scaduto nel 2016.
La Giunta esecutiva della Federazione nazionale della Stampa italiana, riunita a Roma mercoledì 12 novembre 2025 insieme con la Consulta delle Associazioni regionali di Stampa, ha deciso all’unanimità di proclamare per venerdì 28 novembre l’astensione dal lavoro dei giornalisti di quotidiani, periodici, agenzie di stampa, testate online, radio e televisioni nazionali che applicano il contratto di lavoro Fnsi – Fieg.
Mentre il giorno prima, giovedì 27 novembre, il Consiglio nazionale della Fnsi si riunirà in piazza dei Santi Apostoli, a Roma, per lanciare la mobilitazione che l’indomani porterà i giornalisti allo sciopero.

Il 27 novembre 2025 manifestazione Fnsi in vista dello sciopero del giorno successivo
Il sindacato rivendica dignità per il lavoro dei colleghi dipendenti e lavoratori autonomi, norme per il corretto utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle redazioni, il riconoscimento anche economico del ruolo cruciale che il giornalismo riveste nell’ordinamento democratico del nostro Paese.
Perché «il nostro lavoro vale».
I giornalisti sono lavoratori come tutti gli altri e hanno bisogno di un contratto. Dal loro contratto e dalle loro tutele sindacali dipende un’informazione libera, autonoma e autorevole nei confronti dei cittadini, ai quali altrimenti rimarrebbero solo notizie manipolate dai grandi colossi del web.
Come disse nel 2023 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, «il contratto di lavoro dei giornalisti – scaduto ormai da anni – costituisce il primo elemento dell’autonomia della categoria».
L’ASER
Il 28 novembre i giornalisti con il contratto di lavoro Fieg-Fnsi non rinnovato dal 2014, si fermeranno per un giorno. A fronte di una inflazione del 20% circa certificata dall’Istat per questo periodo – ricorda l’Associazione della Stampa Emilia-Romagna (Aser) in una nota e con il sostegno dell’Associazione Stampa Ferrara – gli editori hanno offerto solo una manciata di spiccioli, spalmati su più annualità. Stupisce e sconcerta però il fatto che gli editori, in risposta alla proclamazione dello sciopero assolutamente non inattesa (un pacchetto di cinque giorni era già stato deliberato la scorsa primavera) replichino sostenendo che “nell’ultimo decennio hanno significantemente investito nelle aziende per garantire una informazione di qualità e per salvaguardare l’occupazione”.
Facendo una accurata analisi – evidenzia l’Aser – non sono tuttavia emersi rilevanti investimenti se non la sostituzione di tecnologia superata: mai un investimento capace di guardare al futuro oppure di rispondere alle mutate esigenze di un mercato che ha subito trasformazioni epocali. In una cosa, tuttavia, bisogna ammettere che gli editori sono bravissimi: decimare le redazioni con piani sostenuti con fondi pubblici, azzerare sostanzialmente gli integrativi e rendersi disponibili ad assumere solo proponendo stipendi di ingresso bassissimi. Inoltre, a fronte di tagli effettuati con la mannaia, puntano a portare in edicola quotidiani con la medesima foliazione, spesso appoggiati da direttori che si preoccupano solo di compiacere il datore di lavoro. Ecco gli investimenti per la qualità sarebbero questi: metà persone a fare lo stesso prodotto, senza riconoscere straordinari, manifestando poi stupore di fronte ad inevitabili errori.
Su un punto tuttavia Aser concorda con gli editori: quando affermano che “il contratto di lavoro dei giornalisti è fermo a modelli organizzativi superati dall’evoluzione tecnologica”. Solo che, mentre la Federazione nazionale della Stampa – nonostante la Fieg affermi incredibilmente il contrario – si è resa disponibile ad affrontare tutti i temi di attualità (a partire dall’impiego dell’intelligenza artificiale), nominando commissioni ad hoc che hanno affrontato le varie questioni, gli editori hanno rifiutato qualsiasi confronto.
Aser riconosce agli editori un’altra grande abilità: quella di piangere miseria e di chiedere sistematicamente contributi pubblici a pioggia, che però non finiscono mai nelle tasche dei lavoratori (anche i collaboratori sono pagati con compensi irrisori), semmai – più facilmente – nelle tasche dei componenti dei consigli di amministrazione, le cui remunerazioni non sono certo state tagliate come gli stipendi dei giornalisti.
IL COMUNICATO
Questo il testo del comunicato pubblicato sui quotidiani di domenica 16 novembre.
“Il giornalismo è presidio fondamentale per la vita democratica del nostro Paese, ma la qualità dell’informazione si sta deteriorando.
Gli editori non hanno colto le opportunità nei ricavi della trasformazione digitale del settore e davanti alla crisi dei media tradizionali hanno preferito tagliare il costo del lavoro.
La riduzione degli organici delle redazioni e delle retribuzioni dei giornalisti attraverso licenziamenti, ripetuti stati di crisi con le casse integrazioni e migliaia di prepensionamenti, la paralisi contrattuale hanno inaridito l’offerta di notizie con ricadute negative sul pluralismo e sul diritto dei cittadini a essere informati.
Per queste ragioni i giornalisti hanno proclamato lo sciopero nazionale per il 28 novembre per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale di lavoro Fnsi-Fieg, scaduto da anni.
Ritengono che per lo sviluppo dell’informazione sia necessario un nuovo accordo con gli editori che tenga conto della perdita del potere d’acquisto degli stipendi eroso dall’inflazione, che favorisca l’ingresso nelle redazioni di giovani, che garantisca diritti e retribuzioni adeguate alle migliaia di collaboratori e corrispondenti – per lo più precari – che tutti i giorni raccontano quanto accade nelle nostre città.
Il nuovo contratto non deve lasciare indietro nessuno, tutelando i diritti acquisiti, contemplando nuove figure professionali e occupandosi di intelligenza artificiale e di equo compenso per la cessione dei contenuti sul web.
Lo sciopero, che sarà preceduto il giorno prima, 27 novembre, da una manifestazione di piazza a Roma, non ha motivazioni politiche, ma vuole ribadire che un’informazione di qualità è possibile solo con giornalisti professionali liberi tutelati, come tutti i lavoratori del nostro Paese, nei loro diritti e nelle retribuzioni adeguate dal rinnovo del contratto di lavoro”.
ALESSANDRA COSTANTE, segretaria generale Fnsi
Pubblichiamo il post di Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi in merito allo sciopero dei giornalisti che è stato proclamato per venerdì 28 novembre 2025.
“Gli editori chiedono ai giornalisti responsabilità. Responsabili lo siamo da dieci anni: tanto è durata la fuga degli editori dai tavoli contrattuali. E da tanto, infatti, è scaduto il contratto senza che noi portassimo la protesta in piazza.

Alessandra Costante, segretaria generale Fnsi
Siamo stati talmente responsabili che al tavolo del contratto abbiamo proposto alla delegazione della Fieg di presentare insieme al governo una piattaforma comune per la riforma e il sostegno del settore che contenesse iniziative comuni come il ‘bonus informazione’. Un bonus per poter permettere ai cittadini di usufruire di una buona informazione in un’epoca di fake news. Un bonus per far tornare i ricavi nelle aziende. Questa proposta non solo non è stata presa in considerazione, ma è stata accolta con fastidio.
Le proposte della Fieg? Solo tagli sul costo del lavoro futuro e presente. Condannando la categoria dei giornalisti a pensioni da fame e indebolendo il loro welfare.
Agli editori interessano soldi per alleggerire il costo del lavoro con i prepensionamenti e sostituire i giornalisti oggi al lavoro con giovani senza diritti, pagati una miseria, e con pensionati. Chiedono poi soldi a fondo perduto, sovvenzioni certe ogni anno per le copie vendute e la distribuzione, ma senza dare nulla in cambio. Tutto questo a discapito della qualità dell’informazione.
Alla Fnsi interessa un’informazione correttamente sostenuta che possa continuare a svolgere con autorevolezza il suo ruolo di bilanciamento democratico del Paese.
Quelli che chiedono responsabilità ai giornalisti sono gli stessi editori che hanno massacrato il nostro istituto previdenziale, l’Inpgi, con stati di crisi ripetuti, anche quando i bilanci erano floridi, ricattando le redazioni con i licenziamenti collettivi. Dal 2011 ad oggi siamo passati da 19mila giornalisti dipendenti ai 13mila attuali: circa il 30% dei posti di lavoro in meno tenendo conto delle assunzioni dovute per legge.
Quanto agli scatti in percentuale si ricorda alla Fieg qui, esattamente come è stato fatto al tavolo, che rappresentano la tutela dell’autonomia professionale di chi, per una ragione o per l’altra, viene penalizzato nei percorsi di carriera da editori e direttori.
E a proposito di responsabilità: è responsabile pagare i collaboratori 2-5 euro a pezzo? È responsabile non voler affrontare i temi dell’innovazione tecnologica dell’IA e delle grandi piattaforme? È responsabile il modello di giornali fatti da precari e pensionati per risparmiare sul costo del lavoro? E, ancora, trovata la gabola di una legge di 35 anni fa sulla ricongiunzione contributiva, è responsabile incentivare i colleghi purché escano prima dalle redazioni?
Gli editori la smettano di usare la categoria come un bancomat”.